La visione cromatica dell'artista
Nella scelta e nell'accostamento dei colori, Didi Fonti si è ispirata alla concezione
cromatica di Vasilij Kandinskij, come enunciata nell'opera "Lo spirituale nell'arte",
all'epoca della creazione del gruppo "Der Blaue Reiter".
Il colore può avere due possibili effetti sullo spettatore: un effetto fisico,
superficiale e basato su sensazioni momentanee, determinato dalla registrazione da parte
della retina di un colore piuttosto che di un altro;
un effetto psichico dovuto alla vibrazione spirituale (prodotta dalla forza psichica dell'uomo)
attraverso cui il colore raggiunge l'anima.
Esso può essere diretto o verificarsi per associazione con gli altri sensi.
L'effetto psichico del colore è determinato dalle sue qualità sensibili: il colore ha un odore,
un sapore, un suono.
Perciò il rosso, ad esempio, risveglia in noi l'emozione del dolore, non per un'associazione di idee
(rosso-sangue-dolore), ma per le sue proprie caratteristiche, per il suo "suono interiore".
Kandinskij utilizza una metafora musicale per spiegare quest'effetto: il colore è il tasto,
l'occhio è il martelletto, l'anima è un pianoforte con molte corde.
Il colore può essere caldo o freddo, chiaro o scuro. Questi quattro temi principali
possono essere combinati tra loro: caldo-chiaro, caldo-scuro, freddo-chiaro, freddo-scuro.
Il punto di riferimento per i colori caldi è il giallo, quello dei colori freddi è l'azzurro.
Alle polarità caldo-freddo Kandinskij attribuisce un doppio movimento: uno "orizzontale"
ed uno "radiante".
Il giallo è dotato di un movimento radiante che lo fa avanzare verso lo spettatore rispetto
al piano in cui è fisicamente, inoltre è dotato di un movimento eccentrico-centrifugo
perché si allarga verso l'esterno, abbaglia, respinge.
L'azzurro è dotato di un movimento orizzontale che lo fa indietreggiare dallo spettatore ed è dotato
di un movimento concentrico-centripeto perché si avvolge su sé stesso,
e creando un effetto di immersione attira lo spettatore.
Kandinskij, sempre in base alla teoria secondo la quale il movimento del colore è una vibrazione
che tocca le corde dell'interiorità, descrive i colori in base alle sensazioni e alle emozioni
che suscitano nello spettatore, paragonandoli a strumenti musicali.
Egli si occupa dei colori primari (giallo, blu, rosso) e poi di colori secondari
(arancione, verde, viola), ciascuno dei quali è frutto della mescolanza tra due primari.
Analizzerà anche le proprietà di marrone, grigio e arancione.
Il giallo è dotato di una follia vitale, prorompente, di un'irrazionalità cieca;
viene paragonato al suono di una tromba, di una fanfara.
Il giallo indica anche eccitazione quindi può essere accostato spesso al rosso
ma si differenzia da quest'ultimo.
L'azzurro è il blu che tende ai toni più chiari, è indifferente, distante, come un cielo artistico;
è paragonabile al suono di un flauto.
Il rosso è caldo, vitale, vivace, irrequieto ma diverso dal giallo, perché non ha la sua superficialità.
L'energia del rosso è consapevole, può essere canalizzata. Più è chiaro e tendente al giallo,
più ha vitalità, energia. Il rosso medio è profondo, il rosso scuro è più meditativo.
È paragonato al suono di una tuba.
L'arancione esprime energia, movimento, e più è vicino alle tonalità del giallo, più è superficiale;
è paragonabile al suono di una campana o di un contralto.
Il verde è assoluta mobilità in una assoluta quiete, fa annoiare, suggerisce opulenza, compiacimento,
è una quiete appagata, appena vira verso il giallo acquista energia, giocosità.
Con il blu diventa pensieroso, attivo. Ha i toni ampi, caldi, semigravi del violino.
Il viola, come l'arancione, è instabile ed è molto difficile utilizzarlo nella fascia intermedia
tra rosso e blu. È paragonabile al corno inglese, alla zampogna, al fagotto.
Il blu è il colore del cielo, è profondo; quando è intenso suggerisce quiete,
quando tende al nero è fortemente drammatico, quando tende ai toni più chiari le sue qualità
sono simili a quelle dell'azzurro, se viene mischiato con il giallo lo rende malto,
ed è come se la follia del giallo divenisse "ipocondria".
In genere è associato al suono del violoncello.
Il grigio è l'equivalente del verde, ugualmente statico, indica quiete, ma mentre nel verde è presente,
seppur paralizzata, l'energia del giallo che lo fa variare verso tonalità più chiare o più fredde
facendogli recuperare vibrazione, nel grigio c'è assoluta mancanza di movimento,
che esso volga verso il bianco o verso il nero.
Il marrone si ottiene mischiando il nero con il rosso, ma essendo l'energia di quest'ultimo
fortemente sorvegliata, ne consegue che esso risulti ottuso, duro, poco dinamico.
Il bianco è dato dalla somma (convenzionale) di tutti i colori dell'iride, ma è un mondo in cui tutti
questi colori sono scomparsi, di fatto è un muro di silenzio assoluto, interiormente lo sentiamo come
un non-suono. Tuttavia è un silenzio di nascita, ricco di potenzialità; è la pausa tra una battuta
e l'altra di un'esecuzione musicale, che prelude ad altri suoni.
Il nero è mancanza di luce, è un non-colore, è spento come un rogo arso completamente.
È un silenzio di morte; è la pausa finale di un'esecuzione musicale, tuttavia a differenza del bianco
(in cui il colore che vi è già contenuto è flebile) fa risaltare qualsiasi colore.
La composizione pittorica è formata dal colore, che nonostante nella nostra mente sia senza limiti,
nella realtà assume anche una forma.
Colore e forma non possono esistere separatamente nella composizione.
L'accostamento tra forma e colore è basato sul rapporto privilegiato tra singole forme e singoli colori.
Se un colore viene associato alla sua forma privilegiata gli effetti e le emozioni che scaturiscono
dai colori e dalla forma vengono potenziati.
Il giallo ha un rapporto privilegiato con il triangolo, il blu con il cerchio
e il rosso con il quadrato.
Molto importante è anche l'orientamento delle forme sulla superficie pittorica,
ad esempio, il quadrato su un lato è solido, consapevole, statico;
su un vertice (losanga) è instabile e gli si assocerà un rosso caldo, non uno freddo e meditativo.
La composizione di un quadro non deve rispondere ad esigenze puramente estetiche ed esteriori,
piuttosto deve essere coerente al principio della necessità interiore: quella che l'autore
chiama onestà. Il bello non è più ciò che risponde a canoni ordinari prestabiliti.
Il bello è ciò che risponde ad una necessità interiore, che l'artista sente come tale.
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